lunedì 23 gennaio 2012

Lavoro meccanico e lavoro creativo

A scuola per me scrivere era una vera tortura: ero brillante in matematica e nelle materie scientifiche, ma in seria difficoltà quando mi trovavo alle prese con i temi.
Non che i miei scritti risultassero mosci, anzi: spesso la mia produzione era originale e curata.
Però il pensiero di avere un tema da sviluppare, come compito a casa, mi agitava in maniera incomprensibile.

Anche oggi alcune attività sono in grado di mettermi in agitazione.
Ultimamente ci ho pensato con calma e sono giunto a questa conclusione: temo le attività creative con una scadenza.
Le attività meccaniche non mi preoccupano: di fronte ad un compito che so esattamente come eseguire, anche difficile, anche con una scadenza ravvicinata... mi impegno, corro e - solitamente - ce la faccio.
La sicurezza di avere una serie precisa di passi da seguire è impagabile: quando non bisogna inventarsi niente di nuovo, il lavoro può essere velocizzato (quasi) a piacere.

Le attività creative, invece, sono tutta un'altra storia: non sono processi garantiti e riproducibili.

Di fronte ad una scadenza di questo tipo, devo inventare qualcosa di nuovo in tempo. Ed è il panico.


Nel mio caso, il risultato è la procrastinazione. Se il compito richiede fantasia e ingegno, non riesco a mettermi subito a scrivere, o a pensare. Quando la scadenza è relativamente lontana mi convinco di avere tutto il tempo e - anzi - posso farmi venire idee mentre faccio dell'altro. Peccato che il più delle volte si tratti di una scusa per rimandare: credo si tratti di un meccanismo inconscio per dimenticarmi della preoccupazione della scadenza.

E anche quando in seguito ricavo un po' di tempo da dedicare esclusivamente a questa attività, mi preparo, dichiaro le mie intenzioni, mi metto comodo e... inizio a divagare! Controllo la casella email, le news, il feed reader... e finalmente mi ravvedo e scrivo qualche parola. Soddisfatto temporaneamente il mio senso del dovere, ritorno immediatamente a ricontrollare le news. E così via finché non esaurisco il tempo a disposizione.

Non è pigrizia: è paura a tutti gli effetti.
Paura di non riuscire ad inventarsi niente, di scoprirsi inadeguati, di non arrivare in tempo.
La procrastinazione è infatti il meccanismo di difesa del cervello, che cerca di posticipare gli eventi spiacevoli.

E' un peccato perché - a differenza di un secolo fa - ogni lavoro degno di questo nome oggi è creativo e non meccanico. Il successo lo ottiene chi fa qualcosa di diverso e non chi esegue più velocemente una serie di passaggi predefiniti.
Quindi vale sicuramente la pena di impegnarsi a superare questo limite per sfruttare al meglio le possibilità dei nostri tempi:

Come ho risolto?
Ci sto ancora lavorando, però ho già individuato alcune buone abitudini.
Innanzitutto imparare a consegnare.
Darsi un po' di tempo per eseguire il lavoro e, alla sua scadenza, consegnare. Non illudersi di avere un tempo infinito. Se anche avessi un mese di tempo, inizio subito e ci dedico due ore. Tra due ore consegno. Punto.
Se il lavoro è più articolato, posso invece decidere di dedicargli quotidianamente una quantità di tempo definita, ma ogni giorno devo avere un obiettivo e sforzarmi di raggiungerlo.

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