La tragedia si è consumata venerdì sera. La nave da crociera "Costa Concordia", con più di 4000 passeggeri a bordo, effettua una manovra azzardata: deviando dalla rotta prevista si avvicina a dismisura alla costa dell'Isola del Giglio, colpendo uno scoglio, imbarcando acqua e inclinandosi in breve tempo su un lato. Le operazioni di soccorso si svolgono in maniera quantomeno disordinata ma - soprattutto - pare che il capitano sia uno dei primi ad abbandonare la nave, rifiutando anche i successivi inviti a risalire per coordinare l'evacuazione dei passeggeri.
Risultato: ad ora 6 vittime, 14 dispersi e innumerevoli feriti.
Ma il lato paradossale della tragedia si può apprezzare meglio quando si considera il motivo della deviazione: a quanto pare il capitano decise arbitrariamente di avvicinarsi pericolosamente alla costa per compiacere un cameriere nativo dell'isola.
Idiota.
Questa è l'unica parola che riesco a trovare per descrivere chi decide con tanta leggerezza le sorti di oltre 4000 persone.
D'altra parte il caso è emblematico e rappresentativo di un'ampia gamma di comportamenti simili, anche se decisamente meno eclatanti: non valutare le conseguenze delle proprie azioni e approfittare dei vantaggi di un posto di responsabilità senza affrontarne i doveri.
L'alto stipendio di chi occupa un posto di responsabilità serve a compensare quei momenti critici e imprevisti che si presenteranno e che andranno affrontati con comportamenti adeguati.
Lo stipendio del capitano di una nave è commisurato alla responsabilità che ha nei momenti critici: quando uno sbaglio comporta gravi danni, quando è chiamato a prendere decisioni da cui dipendono delle vite, quando la nave sta affondando e deve restare a bordo per coordinare l'evacuazione.
Ma non vale la stessa cosa per un dirigente? Il suo stipendio non è forse commisurato alla sua responsabilità? I dirigenti si assumono le proprie responsabilità anche nella cattiva sorte?
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